Le sue origini sono italiane. Si sente lo stesso parigina?
In effetti, il mio sangue è italiano da parte dei miei genitori. Sono un sacro miscuglio! Ma sono una vera parigina per cultura. Mi faccio trasportare nella capitale dalle mostre e dai concerti. Mi arricchisco con tutto quello che Parigi propone, questo significa anche arricchire l’artista che c’è in me. A volte ho poco tempo per recuperare. Ma, in questo caso, la mia carica di energia fa il resto: andrò a un concerto, invece di dormire un’ora in più!
Un buon indirizzo italiano a Parigi?
L’Épicerie Rap. Ci si trova tutta l’Italia, o quasi. Non ho il tempo di cucinare tutti i giorni, ma lì trovo dei formaggi, dei dolci… 4 Rue Fléchier, Paris 9e.
Lei è cresciuta in una famiglia di artisti. Questo significa che non si può sfuggire al proprio destino?
I miei genitori non mi hanno mai forzato nelle mie scelte. Mio padre è un jazzista. Mia madre, che è stata ballerina, si è presa cura di spiegarmi le difficoltà di questo mestiere. Sapevo che rischiavo di non avere un’infanzia di una normale bambina. La mia incontenibile energia, alla fin fine, si è adattata molto bene alla danza. E poi, mia sorella e mio fratello non sono diventati ballerini. Vede, non tutto è scritto…
Vedendola ballare sul palco, si percepisce il piacere che lei prova nel ballare.
Proprio così! Il mio professore Max Bozzoni voleva anzitutto che io mi divertissi. Mi diceva che non dovevo aver paura di cadere e di riprendere il movimento, e anche di non bloccarmi per delle difficoltà tecniche. Era molto attento nel salvaguardare l’autenticità dei suoi alunni. È da lui che ho imparato a conservare il piacere che provo nel danzare.
Ma la scuola di ballo dell’Opéra, di cui fa parte dal 1998, è anche una scuola di eccellenza, per non dire di competizione, vero?
Appartengo a una generazione in cui non c’era questo spirito, perché ai miei tempi ogni ballerina passava alla classe superiore. La paura di essere mandata vìa dalla scuola non era il sentimento predominante. Ma ci sono gli esami di fine anno, e questo può essere visto come una sorta di competizione. Anche io ho avuto il mio bel da fare con i miei difetti e la mia invidia.
Nessun rimpianto legato a questa sua infanzia, impegnata tutta nella danza?
Abbiamo sempre, anche da giovani, dei momenti di dubbio in cui ci chiediamo se potremmo conciliare la propria arte con un’altra passione. Ma io lo so, che non posso passare un giorno senza ballare.
Come vede l’Opéra di Parigi? Come un guscio protettivo?
Sto bene qui, ci sono cresciuta, in qualche modo il palais Garnier è una seconda casa. Mio padre, per scherzare, mi diceva che la scuola di ballo era un po’ una prigione dorata. Ma questa idea del guscio protettivo è piena di significato. Ho conosciuto, inoltre, tre direttori… Brigitte Lefèvre, Benjamin Millepied e oggi Aurélie Dupont, e ho sempre potuto comunicare con loro. Diciamo semplicemente che se questa nomina non fosse arrivata, avrei potuto guardare con occhi nuovi la maison Opéra…
Giustamente, cos’è che cambia per il fatto di essere “étoile”, il più alto gradino dell’Opéra?
Quando ti nominano “étoile”, non è che per questo balli meglio! È un segno di fiducia ed è una cosa grandiosa. Ero “Prima ballerina” da 5 anni. E mi chiedevo tante cose. Vorresti che le porte ti si aprissero, e vorresti avere la responsabilità di un personaggio in un grande balletto. Essere “étoile” è, alla fine, la possibilità di interpretare i ruoli a modo proprio. Una “étoile” non deve assomigliare a nessun altro.
Lei ha una grande facilità nel passare dal repertorio classico alle coreografie contemporanee.
Quello che mi piace all’Opéra di Parigi è che si passa da un genere all’altro. Detesto annoiarmi mentre ballo. Questi stili diversi sono, per me, stimolanti. Darò vita alla pièce di Hofesh Shechter la prossima primavera. E il mio sogno è di interpretare il cigno bianco ne Il lago dei Cigni, e di poter mostrare così le mie diverse sfaccettature. Se avessi un unico stile di danza, non sarei io. Il classico resta la mia formazione. Ma la danza evolve, e con essa anche il pubblico. Ecco perché devo essere, come dite in tal senso, una ballerina moderna.
Testo © Philippe Noisette/Paris Capitale
Foto in alto © Marie Bhrn